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title = "Dolphynologi: cosa si prova ad essere un delfino?"
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# Concept Note
In What is like to be a bat? il filosofo americano Thomas Nagel ha ammesso la nostra impossibilità, come esseri umani, di
comprendere che cosa provi un pipistrello a essere un pipistrello. La nostra esperienza del mondo è infatti vincolata alla
nostra condizione di animali umani. Possiamo, tuttal più, immaginare di assumere il punto di vista del pipistrello.
Tuttavia, limmaginazione, secondo Nagel, non costituirà una buona guida per il nostro compito.
Il progetto di ricerca intende provare a scardinare questa convinzione, sviluppando una pratica immaginativa che sebbene
non ci renderà allimprovviso altro da noi possa perlomeno condurci ad assumere un punto di vista diverso dal nostro.
Come scrive Peter Godfrey-Smith, filosofo della scienza e autore di Altre Menti:
Penso che possiamo avvicinarci alle esperienze degli altri animali cominciando dalla nostra e poi introducendo delle
modificazioni, immaginandole a seconda di quello che apprendiamo dalla biologia. […] Non possiamo catturare a parole che cosa
si prova a essere un altro animale (o anche un altro essere umano) ma le parole possono aiutarci ad avvicinarci a questo
sentimento con limmaginazione.
Per condurre questo tentativo, si è stabilito di prendere in considerazione uno specifico soggetto animale: i delfini.
Questo peculiare gruppo di mammiferi marini, appartenenti allordine dei cetacei, popola limmaginario umano sin dai tempi
antichi, diventando protagonista di eventi leggendari nelle opere di Plinio Il Vecchio e Iginio. Come gli umani, i delfini
sono mammiferi dotati di respirazione polmonare, neocorteccia e caratterizzati dallallattamento della prole. Al contempo,
i delfini costituiscono un esempio di entità radicalmente altra dallumano in quanto non terrestri, ma abitanti di quella
porzione di mondo gli oceani che ricopre il 70% della superficie del Pianeta. La loro non-terrestrità è legata
allabitare un ambiente, quello acquatico, nel quale luomo si muove con difficoltà e che ha comportato lo sviluppo di
caratteristiche biologiche necessarie al loro adattamento.
La biologia del delfino colpisce a primo impatto per limpiego dellecolocalizzazione, vale a dire un sonar biologico che,
alternativamente alla vista, assolve la funzione di leggere lo spazio attraverso lemissione di suoni e il successivo
rimbalzo delle eco. Sebbene i delfini siano comunque dotati di vista, questo senso non è particolarmente vantaggioso in
un ambiente a tratti torbido e con scarsa illuminazione. Al contrario, il suono si propaga molto più velocemente nellacqua,
dove i delfini producono fischi e impulsi sonori che raggiungono frequenze inaudibili da orecchio umano. Se ne evidenzia
unulteriore caratteristica: la voce. Lo notava già Aristotele:
«La voce del delfino nellaria è simile a quella delluomo in quanto questi animali sono in grado di pronunciare vocali e
combinazioni di vocali, ma hanno difficoltà con le consonanti».
Il repertorio vocale del delfino si compone di una vasta varietà di suoni, chiamati whistles, clicks e chirps. Solo alcuni
di questi vengono impiegati per lecolocalizzazione (clicks), mentre gli altri sono ciò che rendono il delfino un abilissimo
comunicatore. Le ricerche più recenti si spingono ad affermare senza troppe riserve che i delfini siano provvisti di un
linguaggio complesso.
Per i motivi illustrati, il format che si presta meglio allelaborazione di una pratica immaginativa volta al decentramento
della prospettiva umana è quello sonoro. In particolare, si intende sfruttare la pratica della listening session, intesa
come guida a una pratica immaginativa e immersiva, rivolta a una collettività di ascoltatori. Simulando il setting di una
ricerca sul campo nellambito della biologia marina, lascoltatore verrà condotto allascolto della voce del delfino,
attraverso il suo ampio repertorio di suoni. Lasciare parlare il delfino, costringendo i partecipanti allascolto, cioè
una condizione di ricettività, farà emergere una prospettiva altra, non-umana. Non solo, ma il linguaggio questa volta
il linguaggio non-umano potrà risultare allinterno di questa ricerca come una pratica di soggettivizzazione, in grado di
suscitare riflessioni riguardo allo statuto dei cetacei, soggettività in pericolo in un territorio minacciato dallattività
antropogenica (per esempio, lacidificazione degli oceani e linquinamento acustico).
In conclusione, la pratica immaginativa che si intende sviluppare punta ad avere una doppia valenza, istruttiva e
trascendente: da un lato ci guida verso il possibile, mentre dallaltro ci conduce a un altrove, comportando uno
sconfinamento.

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title = "Map 1"
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# About
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