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# Programma
(Andrea) Diritto alla città: verso una transtopia urbana. La Torino contemporanea sembra essere già luogo di un oltre, di un
passaggio avvenuto, di una transizione: dallindustriale al post-industriale, dalla one-company town alla città degli eventi
e dellICT. Il mutamento esiste, si sa, ma le direzioni che esso prende possono essere tante e confliggenti. Quale
immaginario ha prevalso? E come è stato tradotto nello spazio? Lo spazio non è solo arena dove i conflitti politici esistono,
ma anche la loro posta in gioco. I processi di mercificazione dello spazio pubblico nelle città riflettono lespansione del
mercato come logica generale dellesistente. Ma ad una città-prodotto, bene compravendibile, si contrappone lidea viva di
una città plasmata collettivamente, come opera darte. Esperienze concrete di questo tipo sono già, oggi, transtopia:
reimmaginare la città. Questa discussione intende essere un percorso, insieme intellettuale e concreto. In una prima parte
si socializzerà il pubblico su una serie di concetti - di matrice lefebvriana - intorno al diritto alla città, ed in seguito
si analizzerà la transizione post-fordista a Torino da un punto di vista insieme concreto e di rovesciamento, con riferimento
al futuro distopico che la Torino “mordi e fuggi” degli studenti e dei turisti rappresenta. In una seconda parte, verranno
esposti singoli progetti di trasformazione attivi in città ed interverranno attiviste ed attivisti che a tali trasformazioni
si oppongono, invitando il pubblico - col contributo artistico del collettivo Dottor Porkas - ad un percorso di
emancipazione concreta degli immaginari urbani dalle logiche neoliberiste.
(Angela) Rimarginare, reimmaginare. La narrazione mediatica e le politiche sociali della città di Torino, riguardo il
rapporto tra gli spazi urbani, le dinamiche di violenza e i suoi attori, propongono una retorica meramente emergenziale e
stigmatizzante dove rabbia e violenza, nello specifico relative ai giovani, vengono osservate come un problema di ordine
pubblico da reprimere con gli strumenti della Legge. Nella retorica egemone, inoltre, vi è una costante etnicizzazione dei
giovani protagonisti di tali atti, rifondando categorie razziali e identitarie di una presunta alterità, spaziale e
soggettiva. Per il tramite di unanalisi della produzione teorica concepita dai giovani che abitano il margine fisico e
sociale, si vuole individuare il rapporto tra gli immaginari che emergono da tali contesti e gli aspetti politici che
contribuiscono a forgiarli. La teoria, come scrive Bell Hooks, è un esercizio attuabile da ciascun* in ogni forma ed emerge
da un corpo a corpo con fonti collettive. La teoria che sorge dal margine, allora, è segno di una condizione contraria a
quella dellassenza: il margine è presenza, azione, autodeterminazione, autodefinizione. Nel corso della chiacchierata
avremo modo di sfaldare alcune narrazioni egemoni, come quella sulle cosiddette “seconde generazioni”, e di parlare di
razzializzazione, criminalizzazione e stigmatizzazione dei corpi altri. A questo primo sgretolamento si vuole affiancare
una lettura antropologica, sociologica e artistica degli immaginari rap e del loro rapporto con lo spazio, i quartieri e
la violenza, in particolare riguardo al quartiere di Barriera di Milano per la città di Torino. Tale teoria radicata nel
margine è in questa prospettiva atto politico e può essere pratica di liberazione e di guarigione, tentativo di
ri-marginazione delle ferite aperte da una violenza ancora coloniale.
(Ray) “Pratiche artistiche di resistenza urbana”, non è una semplice talk, è una conversazione orizzontale, assembleare, che
vuole far riflettere sulla concezione, utilizzo e fruizione dellarte non come mero strumento ludico-edonistico ma come
strumento lucidamente critico, necessario per analizzare la quotidianità. Allinterno della tavola rotonda si vuole
stimolare una discussione riguardo le pratiche artistiche contemporanee di resistenza urbana e sociale. Partendo dalla
presentazioni delle ricerche artistiche personali de* tre artist* coinvolt*, e chiudendo con unesposizione di alcuni lavori
dedicati al tema, lobiettivo è quello di stimolare una discussione partecipativa-attiva sulla concezione contemporanea
dellarte e di come invece sia stato e sia possibile (e necessario) servirsi di questa come linguaggio altro di analisi e
critica per rivoluzionare la visione occidentale-globale che la società capitalista post-postmoderna (e il suo pubblico)
ha dellarte, de* artist* e dello spazio che vive.
La prima giornata si presenta quindi come uno spazio di elaborazione teorica, volto al dialogo e al tentativo di suggerire
critiche per la destituzione dello status attuale. A seguire dj set di Torin011, collettivo torinese, emergente e
indipendente di musica tekno.
Nella seconda giornata, gli scenari alternativi scaturiti dallo spazio teorico verranno radicalmente trasformati in
pratiche. I tre momenti performativi di tale momento assumeranno il profilo di pratiche immaginative, in particolare:
(Angela) Rimarginare, reimmaginare. La teoria di corpi razzializzati, etnicizzati e stigmatizzati prende mille forme, in
questo caso quella poetica e musicale. È teoria che nasce dal margine, spazio di liminalità prodotto dal potere egemone,
spazio silenziato e nascosto. Qui, tra le righe delle poesie, tra le rime di testi rap, la produzione teorica altra rispetto
a quella egemone prende corpo, gambe, braccia; si fa lingua viva, parlante; lingua figlia e lingua madre, limpida o
metaforica, forse incomprensibile. Perché a decentrarsi devono sempre essere gli altr*?
(Alexius) Faeddare benente. Fabule speculative di Sardegne. Il secondo momento si presenterà sotto forma di unibridazione
tra lecture accademica e performance: attraverso la struttura di una fabula speculativa, ci si muoverà nella futuribilità di
una Sardegna parzialmente sommersa dallinnalzamento del livello del mare, in cui dei personaggi, nel tentativo di produrre
Storia(e), mostreranno varie rappresentazioni che dellarcipelago Sardegna si sono fatte.
(Vincenzo) Cosa si prova ad essere un delfino? È possibile rispondere a questa domanda partendo dalla condizione umana?
Dolphinology compie questo tentativo attraverso una listening session nata in collaborazione tra Vincenzo Grasso e il
collettivo ALMARE, che ne ha curato la produzione sonora. Dolphinology riprende il tono della meditazione guidata
mischiandolo con la pratica immaginativa. Il delfino rappresenta una delle creature in grado di sortire fascino nelluomo
sin dai tempi antichi, grazie sia alla sua alienità, data dallhabitat marino, che alla sua somiglianza, infatti come luomo
è un mammifero. Lascoltatore verrà condotto nel mondo sonoro del delfino, dove il primato dei sensi non è affidato alla
vista e la minaccia più grande è proprio linquinamento acustico. A tenere le redini di questo tentativo di sconfinamento
è Margaret Howe Lovatt, ricercatrice che durante gli anni 60 prese parte al Communication Research Institute di John Lilly,
occupandosi di comunicazione interspecifica e prendendosi cura dei delfini. A partire dallinsegnamento di Margaret, insieme
al pubblico si proverà ad intessere immaginativamente nuove parentele e a decentrare il proprio sguardo. Può un delfino
mettere in discussione lantropocentrismo?
Il percorso esplorativo costruito per questi due giorni di restituzione finale vuole essere un momento di riflessione sulla
contemporaneità e sullo sguardo paralizzante e colonizzante, della società che viviamo. Questa è fatta di dinamiche di
potere che vengono costantemente nascoste dalla maschera di cordialità e inclusione che indossano gli attori politici
che amministrano le nostre città e le nostre vite. Lintento è quello di ribaltare, reimmaginando e ricostruendo, il punto
di vista occidentalocentrico, accompagnando il pubblico in un tragitto fatto di stimoli nuovi, altri e diversi.
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